ISTITUTO ISTRUZIONE SUPERIORE “Alessandrini-Marino“
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Piantumazione: GIORNATA MONDIALE DELLA TERRA 22 aprile 2021
Pesco
(Prunus persica (L.) Batsch)
Classificazione
Il pesco (Prunus persica) appartiene alla grande famiglia botanica delle Rosaceae ed in particolare si colloca nella sottofamiglia delle Prunoideae, che comprende molti alberi ed arbusti dotati di frutti commestibili. Il genere Prunus comprende circa 200 specie decidue e sempreverdi diffuse soprattutto nelle zone temperate, ma presenti anche nelle aree montane alle latitudini tropicali. Il nome scientifico del genere Prunus, deriva dal latino Prunus = ‘susino’, che a sua volta proviene dal greco ‘proumne’, che ha lo stesso significato. Il genere Prunus, a sua volta è stato suddiviso in diversi sottogeneri che includono specie dotate di caratteristiche affini. Prunus persica fa parte del sottogenere Amygdalus, nel quale sono stati collocati anche il mandorlo (Prunus dulcis) ed altre specie diffuse solamente in Asia orientale, come il pesco di padre David (Prunus davidiana), così chiamato in onore del missionario e naturalista francese Jean Pierre Armand David (1826 -1900), che descrisse per la prima volta molte piante ed animali della Cina, tra i quali il più noto è il panda maggiore. Il pesco di padre David presenta alcune caratteristiche che lo avvicinano al mandorlo ed in Cina è coltivato principalmente a scopo ornamentale, anche il pesco tibetano (Prunus mira) presenta alcune somiglianze con il mandorlo, tanto da essere considerato da alcuni una specie di origine ibrida derivata da un incrocio tra il pesco ed il mandorlo. Molto più affine al pesco è invece il pesco cespuglioso cinese (Prunus kansuensis) che alcuni studi hanno dimostrato essere conspecifico di Prunus persica.
Frutti di Prunus mira | Frutti di nettarina (Prunus persica var. laevis |
Origine e storia
Il nome scientifico del pesco, Prunus persica, lascerebbe intendere una provenienza della pianta dalla Persia nell’antichità, in realtà se è vero che questo frutto è giunto in Europa dall’Iran, la sua vera patria d’origine è la Cina. In questo paese la specie sarebbe stata oggetto di domesticazione dal 6000 a. C., nella provincia di Zhejiang in coltivazione da più di 3000 anni e storicamente ha prodotto un grande numero di varietà, anche ornamentali. Qui, inoltre, sono diffuse le specie del genere Prunus più affini al pesco, come Prunus davidiana, Prunus consuensis e Prunus mira, presenti soprattutto nelle zone occidentali della Cina ed in Tibet. L’introduzione del pesco in Grecia dalla Persia potrebbe essere avvenuta a seguito della conquista dell’impero achemenide da parte di Alessandro Magno nel 330 a. C. ma non vi sono testimonianze in merito. Il ritrovamento di alcuni resti di noccioli di pesca in scavi effettuati presso l’Heraion di Samo in livelli risalenti al settimo secolo a. C. potrebbero indicare una introduzione precedente, forse tramite le citta greche dell’Asia Minore che avevano stretti contatti con la Persia. Nel I secolo d. C. il pesco è una pianta nota ai Romani come ‘malum persicum’, tanto che Plinio il Vecchio ne parla nella Naturalis Historia già come ‘persica’, ricordando che ne erano conosciute diverse varietà, tra cui le duracine, le asiatiche, le galliche e le supernati, maturavano piuttosto tardi ed erano molto costose, riservate alle persone più abbienti, probabilmente perché ancora poco diffuse e difficili da conservare. Anche il gastronomo e scrittore romano Marco Gavio Apicio ne parla nel suo De re coquinaria (L’arte di cucinare) La loro presenza rimase limitata alle province meridionali dell’Impero e furono oggetto di coltivazione anche nelle ville suburbane, mentre i frutti venivano conservati nell’aceto o nel mosto. Con le invasioni barbariche la coltivazione del pesco sembra quasi scomparire, ma probabilmente sopravvisse localmente presso i principali centri urbani e nelle aree costiere e meridionali, come dimostra la sopravvivenza del nome dialettale di origine latina ‘persica’ in più zone d’Italia, compreso l’Abruzzo meridionale. In seguito la coltivazione su larga scala del pesco riprese in Toscana durante il Rinascimento e successivamente in altre regioni italiane ed europee. Con la scoperta dell’America la pianta fu introdotta in Messico, in Florida e nel sud degli Stati Uniti, dove la varietà ‘Tennessee natural’ venne impiegata anche per produrre un vino dolce. Oggi la Cina rappresenta il maggior paese produttore mondiale di pesche, con 11,9 milioni di tonnellate annue, l’Italia è il secondo con 1,4 milioni di tonnellate, seguono la Spagna, gli U.S.A. e la Grecia.
Affresco romano con pesche e brocca – Pompei I secolo d.C. |
Descrizione
Il pesco (Prunus persica) è un piccolo albero alto fino ad 8 m con tronco abbastanza contorto, chioma di forma espansa e fogliame deciduo. La corteccia ha una colorazione grigio scura e tende a fessurarsi con l’età. Le foglie sono alterne, di colore verde scuro e lucide sulla pagina inferiore e grigio-verdi sulla pagina inferiore. La forma può essere strettamente ellittica o lanceolata, con picciolo piuttosto lungo, apice sottile ed appuntito e margine finemente dentato. Le foglie generalmente hanno una lunghezza di circa 15 cm ed una larghezza di 4 cm. I fiori si schiudono all’inizio della primavera, in genere dopo la metà di marzo, prima dell’emissione delle foglie. Sono fiori perfetti, larghi da 2,5 fino a 4 cm, esistono tuttavia alcune varietà di pesco caratterizzate da fiori di ridotte dimensioni, dotati di petali molto corti, che non si distendono completamente. In questo caso i fiori sono definiti campanulacei, mentre quelli con aspetto normale sono detti rosacei. I petali sono 5, così come i sepali che costituiscono il calice, ma nelle varietà di pesco da fiore il numero dei petali può essere più elevato. Il colore della corolla è in genere rosa, più o meno marcato, ma può essere anche rosso o, più raramente, bianco. Gli stami sono in numero di 20 -30 e di colore rosso. Gli stili hanno la stessa lunghezza degli stami o sono più brevi. I sepali, lo stilo e l’ovario sono pelosi. L’ovario contiene due ovuli, ma da essi si sviluppa un solo seme I fiori hanno un peduncolo corto, come quelli del mandorlo e si distribuiscono singolarmente o in gruppi di 2
Fiori di pesco (Prunus persica) | Frutti di pesco (Prunus persica) |
lungo i rami. La pianta in genere è autofertile, per cui un solo individuo è sufficiente per l’impollinazione, ma esistono anche alcune cultivar autosterili.
Il frutto
Il frutto è una drupa di forma tondeggiante, che può arrivare al diametro di 7, 5 cm. Nella maggior parte dei casi è rivestito da un caratteristico tomento, ma nelle cultivar definite pesche-noci o nettarine ne è privo. Il mesocarpo o polpa presenta una colorazione bianca o gialla, con venature rosse o rosate, la sua consistenza cambia nelle diverse varietà e può essere aderente o meno al nocciolo. Si definiscono duracine le varietà nelle quali la polpa aderisce al nocciolo, spiccagnole quelle nelle quali il mesocarpo (polpa) si distacca facilmente dal nocciolo (endocarpo). Il nocciolo legnoso della pesca presenta un aspetto inconfondibile per la presenza di solchi superficiali. Questa caratteristica è condivisa con le specie affini appartenenti al genere Prunus, sottogenere Amygdalus diffuse in Asia orientale. Il seme contenuto nel nocciolo è amaro ed in genere tossico per l’uomo per la presenza del glucoside cianogenetico amigdalina, con funzione difensiva nei confronti degli animali. La polpa della pesca ha un gusto dolce ed aromatico, soprattutto nelle varietà a pasta bianca, caratteristica che ha reso questo frutto molto popolare. La polpa contiene circa il 10 % di zuccheri e fornisce 40 – 45 kcal per 100 g., sono presenti inoltre polifenoli come l’acido clorogenico, catechine, epicatechine potassio e ferro in buone quantità nonché vitamina A, vitamina B1, vitamina B 2 e Vitamina C.
Le varietà di pesco
Il pesco per molto tempo è stato riprodotto solamente tramite il seme, tramite riproduzione sessuata e questo ha portato nel tempo ad un considerevole incremento della variabilità genetica della pianta, con la nascita di molte varietà in brevi periodi. Attualmente le varietà conosciute nel mondo sono circa 6000, ma la selezione di nuove cultivar è molto rapida e negli Stati Uniti si è arrivati a produrre 217 nuove varietà in un decennio. Alcune delle caratteristiche che contraddistinguono i principali gruppi di varietà attuali si erano già rese evidenti in Cina, prima della diffusione del pesco in occidente Tra i principali gruppi varietali figurano quelle con polpa compatta, gialla o bianca, aderente all’endocarpo dette ‘pesche duracine’ o ‘percoche’ (dal latino ‘praecoquus’ = precoce, primaticcio), quelle con polpa gialla o bianca che di distacca facilmente dal nocciolo, dette ‘pesche spiccagnole’ o semplicemente ‘pesche’, quelle con buccia liscia e polpa compatta, dette ‘pesche-noci’ o ‘nettarine’ (varietà laevis) e quelle con frutto schiacciato e polpa bianca chiamate ‘pesche tabacchiera’ o ‘saturnine (varietà platycarpa). Per molti secoli e fino agli anni ’50 del 1900 le cultivar più diffuse avevano polpa bianca, gusto delicato ed aromatico, maturazione piuttosto tardiva ed erano poco adatte al traporto su lunghe distanze. La loro diffusione riguardava quindi soprattutto il mercato locale prossimo ai luoghi di coltivazione. In seguito si sono diffuse in Italia alcune varietà a polpa gialla, come la Elberta, ottenuta negli Stati Uniti nel 1870. Questa è una pesca spiccagnola dotata di frutti leggermente appuntiti, a maturazione più precoce e di gusto gradevole, tuttavia non è resistente alla manipolazione. Successivamente sono subentrate ulteriori varietà derivate da questa e da altre cultivar americane di pesche gialle, come la Dixired e la Cardinal, più resistenti al trasporto ed alle manipolazioni. Attualmente queste varietà si accompagnano ad altre di introduzione successiva, caratterizzate spesso da una intensa colorazione dei frutti e da maggiore resistenza alla manipolazione. Tra le varietà antiche italiane ancora oggetto di coltivazione si possono ricordare la Pesca regina di Londa, la Pesca di Verona, la Pesca Merendella, la Pesca di Venezia, la Pesca Tardiva di Leonforte e la Pesca di Bivona.
Varietà Pesca di Verona | Varietà Pesca regina di Londa |
La varietà Platycarpa
Il nome Platycarpa, che significa a frutto appiattito, è stato adottato per indicare un’antica linea varietale di Prunus persica nella quale i frutti, che possono essere a polpa bianca o a polpa gialla, si presentano schiacciati e con nocciolo molto piccolo. Pesche di questo tipo si sono originate in Cina probabilmente ancor prima della diffusione del pesco nei paesi europei. La varietà cinese più nota appartenente a questa tipologia è la pesca ‘Pantao’, il cui nome significa ‘pesca arrotolata’ Questa cultivar fu introdotta negli Stati Uniti nel 1871, dove conserva ancora il nome cinese di Pan tao o Peento peach. Pesche di aspetto molto simile nel corso del 1800 sono oggetto di coltivazione locale anche in Spagna ed in Sicilia. In Spagna una cultivar di questa tipologia, denominata Paraguayo è diffusa nella regione di Murcia, mentre in Sicilia soprattutto nell’area etnea, si coltiva una pesca piatta nota come Pesca Tabacchiera. Le pesche piatte sono generalmente più dolci e profumate degli altri tipi di pesche, soprattutto se sono a polpa bianca. Si dice che abbiano un sapore più complesso, spesso descritto come dotato di sfumature di mandorla. In Sicilia la diffusione della coltura del pesco crebbe solo dopo il 1812, con l’eversione della feudalità, ma solamente dopo la riforma agraria del 1950 iniziò a coprire grandi estensioni sui fertili versanti etnei. Probabilmente un ruolo importante nell’introduzione e nella sperimentazione di questa cultivar in Sicilia lo ebbero gli amministratori di una delle principali proprietà storiche dell’area etnea, l’abbazia di Santa Maria di Maniace, nota come la Ducea di Maniace, situata nel comune di Bronte. Essa fu donata nel 1799 dal re Ferdinando I di Borbone all’ammiraglio inglese Orazio Nelson, come ricompensa dell’aiuto fornito nel reprimere la Repubblica Partenopea. Gli eredi di Orazio Nelson, visconti di Bridport gestirono direttamente o tramite amministratori la proprietà fino al XX secolo. Le condizioni pedoclimatiche della zona erano particolarmente favorevoli alla coltura del pesco, del quale furono introdotte dall’estero molte varietà, tra cui la Pesca Tabacchiera a polpa bianca. Questa, dotata di gusto e profumo particolarmente intenso, trovò presso l’Etna un habitat ideale e fu molto apprezzata dai consumatori locali. Per tale motivo la coltura si è estesa in seguito nelle aree vicine, nelle valli dei fiumi Simeto ed Alcantara, nelle provincie di Catania e di Messina. Poco adatta alle manipolazioni, questa varietà viene usata nella zona anche per la preparazione di granite e gelati ed è diventata Presidio Slow Food, come Pesca Tabacchiera dell’Etna.
Negli Stati Uniti, alla fine degli anni ’70 dello scorso secolo, i ricercatori della Rutgers University del New Jersey cercarono di migliorare le caratteristiche della varietà Pan tao peach, che era troppo sensibile al freddo e troppo delicata per una efficace commercializzazione. Al termine di questo processo di miglioramento i ricercatori ottennero una nuova varietà meno sensibile al freddo e con frutti meno delicati e più durevoli, che denominarono Saturn, con riferimento alla forma degli anelli del pianeta Saturno. I diritti su questa nuova cultivar furono poi ceduti ai vivai Stark, che commercializzarono la nuova varietà di pesca Platycarpa con il nome di Stark® Saturn. Nel 1986 la nuova varietà venne introdotta nelle Marche presso l’azienda agricola Eleuteri di Civitanova Marche, in provincia di Macerata. Nonostante le già ottime qualità della cultivar, in Italia si è cercato comunque di estenderne il periodo di raccolta, attraverso un ulteriore percorso di miglioramento portato avanti, attraverso diverse tappe, dall’Istituto Sperimentale di Frutticultura di Roma. Tramite queste nuove selezioni ed a seguito di mutazioni spontanee si è poi pervenuti ad una nuova varietà, che è stata registrata nel 2008 come Saturnia. Si tratta comunque di frutti ancora piuttosto delicati, che devono essere posti in commercio entro appositi contenitori per facilitarne la conservazione. Oggi la coltivazione delle nuove varietà di pesche Platycarpa, dette anche Saturnie o Saturnine, è in decisa espansione ed oltre che le Marche interessa anche altre regioni, come l’Emilia-Romagna.
Pesche della varietà Platycarpa |
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