ISTITUTO ISTRUZIONE SUPERIORE “Alessandrini-Marino“
CAPOFILA RETE SCUOLE GREEN della PROVINCIA DI TERAMO
Piantumazione: GIORNATA MONDIALE DELLA TERRA 22 aprile 2021
Olivo
(Olea europaea L. 1753)
Classificazione
L’olivo (Olea europaea) appartiene alla famiglia delle Oleaceae, che comprende 24 generi e 790 specie. Il nome olivo deriva dal greco arcaico ‘elaifa’ Il genere Olea annovera circa 33 specie di arbusti ed alberi alti fino a 40 m e diffusi in un’area molto vasta che comprende Europa, Africa, Asia ed Oceania, soprattutto in zone tropicali e subtropicali, dalla Nuova Caledonia al Madagascar, dalla Cina al Sudafrica. Tra queste specie Olea europaea è l’unica largamente utilizzata dall’uomo per la produzione di olio, il consumo dei frutti ed anche per il legno. Le altre specie non hanno subito un processo di domesticazione e vengono utilizzate solo localmente per la produzione di legno, per i frutti o a scopo ornamentale. Olea capensis, conosciuta come olivo del Capo od olivo dell’Africa orientale, fornisce ad esempio un legno molto duro, usato nell’artigianato ed in falegnameria, che rientra nella categoria dei cosiddetti legni-ferro, mentre i suoi frutti sono impiegati per l’alimentazione animale. Olea europaea è una specie complessa, suddivisa in 6 sottospecie delle quali solamente una Olea europaea subsp. europaea ha subito un antico processo di domesticazione, mentre le altre 5 sottospecie, diffuse in Asia ed in Africa non hanno trovato un utilizzo paragonabile da parte dell’uomo. Olea europaea subsp. laperrinei vive con pochi esemplari superstiti nelle zone montuose all’interno del deserto del Sahara, Olea europaea subsp. cerasiformis vegeta nell’isola di Madera, Olea europaea subsp. guanchica appartiene alla flora delle Isole Canarie, Olea europaea subsp. maroccana vive in Marocco, Olea europaea subsp. cuspidata è diffusa nell’Africa subsahariana ed in Asia occidentale fino alla Cina.
Origine
L’olivo domestico (Olea europaea subsp. europaea) presenta una notevole affinità con alcune forme selvatiche diffuse in tutta la zona mediterranea, note come Olea europaea var. sylvestris o oleastro. Queste forme selvatiche popolano soprattutto gli ambienti di macchia mediterranea e si differenziano per la presenza di frutti piccoli e di spine sui giovani rami, ma sono pienamente interfertili con gli olivi coltivati. E’ stata tuttavia avanzata l’ipotesi che l’oleastro non sia l’antenato selvatico delle piante coltivate, ma piuttosto un discendente inselvatichito dell’olivo domestico, adattatosi alla sopravvivenza nella macchia mediterranea. Un’altra ipotesi vuole che l’olivo domestico (Olea europaea subsp. europaea) derivi dalla sottospecie selvatica africana (Olea europaea subsp. cuspidata), diffusa anche in Egitto, Etiopia, Iran, Oman, Arabia Saudita e Yemen, che in Asia occidentale o in Egitto avrebbe subito un processo di domesticazione attraverso selezione mirata o ibridazione con un’altra specie.

Descrizione
L’olivo è un albero sempreverde alto fino a 15 – 20 m, dotato di tronco nodoso e forma piuttosto sinuosa ed irregolare. Con il passare del tempo il tronco tende a consumarsi nella porzione centrale, divenendo cavo e dividendosi in tronchi minori, che però alla base presentano un’origine comune. I rami generalmente sono ascendenti e formano una chioma piuttosto rada di forma ovata. La forma del tronco ed il portamento della chioma tendono comunque a differenziarsi nelle numerose varietà. La corteccia dell’albero, di colore chiaro, tende a divenire rugosa con l’età. Il legno d’olivo è molto duro e perfettamente levigabile e trova utilizzo in lavori di ebanisteria, tornio ed intarsio.
Le foglie sono persistenti, lisce, coriacee, opposte, di forma lanceolata con margine intero. La lunghezza arriva ad 8 cm, mentre la larghezza può raggiungere i 2 cm. L’apice delle foglie è acuminato, mentre alla base sono sostenute da un breve picciolo. La colorazione delle foglie è molto tipica, verde-glauca sulla pagina superiore, più chiara e argentea sulla pagina inferiore, dove si apre una percentuale maggiore di stomi ed occorre la protezione esercitata da un tappeto di minuscoli peli stellati. Le foglie hanno una superficie ridotta per diminuire la traspirazione, un adattamento alle condizioni di aridità stagionale degli ambienti mediterranei. Quando sono agitate dal vento le foglie, mostrando la pagina inferiore, conferiscono alla chioma dell’albero una tipica tonalità argentea, caratteristica degli oliveti dei paesaggi mediterranei.
I fiori sono perfetti, riuniti in grappoli posizionati all’ascella delle foglie. I fiori sono piccoli, di colore bianco-verdastro, posseggono un calice di 4 sepali ed una corolla costituita da 4 petali bianchi, saldati alla base, gli stami sono 2. La fioritura avviene tra maggio e giugno e l’impollinazione è attuata dal vento, anche se i fiori sono visitati dalle api e d altri insetti. Alcune varietà di olivo sono autosterili e per l’impollinazione è necessaria la presenza di alberi appartenenti ad altre varietà.
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Fiori di olivo | Frutti della varietà Ascolana tenera |
Il frutto
Il frutto è una piccola drupa ovale lunga tra 1 e 3,5 cm a maturità, con polpa più sottile e più piccola nelle piante inselvatichite, che nelle cultivar da frutteto. Il colore è dapprima verde, ma diviene nero-violaceo a maturità. La polpa (mesocarpo) è oleosa e aderisce fortemente al nocciolo (endocarpo legnoso) presente all’interno. I frutti dell’olivo forniscono il migliore tra gli oli vegetali, dotato di spiccate proprietà alimentari e medicinali. I frutti maturi sono ricercati dagli uccelli, ad esempio storni e colombi, ma anche gabbiani reali, che diffondono i semi anche su grandi distanze. Le olive hanno il più alto valore energetico tra tutti i frutti (più di 200 kcal per 100 g) sono ricche di sali minerali di calcio e di potassio e di vitamine. L’olio di oliva contiene soprattutto acidi grassi monoinsaturi, con alti livelli di acido oleico.
Longevità
L’olivo è una pianta particolarmente longeva, che può superare i 1500 anni di età e raggiungere i 2000 anni. Molti esemplari presenti in Palestina, in Medio Oriente ed in Grecia risalgono all’età romana, ma il computo preciso degli anni di queste piante non è agevole, perché spesso la parte interna del tronco con gli anelli di accrescimento presenti si consuma e scompare, lasciando il fusto cavo. In Italia l’olivo più vecchio dovrebbe essere quello chiamato il S’ozzastru (l’oleastro), che potrebbe avere oltre 4000 anni di età e si trova a Santo Baltolu di Luras, in provincia di Sassari. Tra gli olivi più vetusti si possono ricordare anche quelli situati presso la chiesa di Santa Maria Navarrese a Baunei, in Sardegna, si stima che uno di questi esemplari, che presentano le caratteristiche di oleastri più che di olivi domestici, abbia un’età di 2000 anni.
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L’olivo S’ozzastru, Santo Baltolu di Luras, Sassari | L’oleastro di Santa Maria Navarrese presso Baunei, Nuoro |
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Varietà di olivo
Nel mondo si contano circa 2000 diverse varietà di olivo, concentrate soprattutto nei paesi mediterranei, in Spagna, ad esempio le varietà presenti ammontano a circa 400. In Italia la grande diversità di condizioni ecologiche che si hanno nelle diverse regioni ha originato nel tempo un patrimonio olivicolo molto vasto, che comprende circa 540 varietà, che variano per portamento e dimensioni degli alberi, forma delle foglie, dimensioni dei frutti, sensibilità alle basse temperature ed ai parassiti. Per quanto riguarda l’utilizzo dei frutti le varietà si distinguono in cultivar da olio, cultivar da mensa e cultivar a duplice attitudine. Le varietà di maggiori dimensioni come la Ottobratica e la Sinopolese della Calabria, che raggiungono i 20 m di altezza, producono in genere frutti di taglia ridotta, adatti solo alla produzione di olio. La regione italiana che conta il maggior numero di varietà è la Toscana, altre regioni italiane nelle quali si registra la presenza di un elevato numero di varietà sono la Liguria, la Puglia, la Calabria, la Sicilia e l’Emilia Romagna. In quest’ultima regione la coltura dell’olivo ha subito comunque una drastica riduzione durante lo scorso secolo. In Abruzzo vi sono all’incirca 12 varietà autoctone, tra le quali una delle più note per la qualità dell’olio è la Gentile di Chieti, mentre la varietà Dritta è la cultivar prevalente all’interno della D.O.P. Aprutino Pescarese, prima D.O.P. ad essere istituita in Italia per la categoria olio di oliva, nel 1996. In provincia di Teramo molto caratteristica è la varietà detta Tortiglione, per la curiosa forma ritorta del tronco. In provincia dell’Aquila, nell’area fucense, sono presenti antiche cultivar di olivo resistenti alle basse temperature, in via di scomparsa, ultime testimoni delle coltivazioni presenti nella zona prima del prosciugamento del Lago Fucino. Alcune varietà di olivo presentano oggi in Italia una diffusone estesa a tutto il territorio nazionale, come quelle Leccino, Frantoio, Maurino e Moraiolo.
La varietà Leccino
Questa varietà è originaria della Toscana, dove è largamente coltivata, ma la sua presenza si estende a molte regioni italiane, perché rappresenta una delle coltivar più rustiche e resistenti tra quelle utilizzate nella penisola italiana. In particolare la sua diffusione sarà destinata a crescere di importanza in futuro, perché tollera abbastanza bene le basse temperature invernali e fino ad ora, in base agli esperimenti eseguiti, la cultivar Leccino è quella che ha dimostrato la maggiore resistenza agli effetti dell’infezione causata dal batterio Xylella fastidiosa, che sta devastando gli oliveti in alcune zone della Puglia meridionale. Il nome della varietà Leccino deriva dal fatto che queste piante ricordano vagamente con la chioma fitta ed espansa l’aspetto del leccio (Quercus ilex), specie molto diffusa in Toscana. L’olivo Leccino presenta comunque un aspetto molto gradevole dal punto di vista estetico e con il tempo può raggiungere cospicue dimensioni. Una delle caratteristiche peculiari di questa varietà è il fatto che i rami tendono ad assumere un portamento ricadente. L’infiorescenza è piuttosto corta a struttura rada e con scarsa ramificazione, ma i fiori sono grandi.
La cultivar è autosterile e necessita della presenza di olivi appartenenti ad altre varietà che fungano da impollinatori, tra queste sono spesso impiegate Frantoio, Maurino e Pendolino.
La maturazione dei frutti avviene piuttosto precocemente e le olive, che si presentano in gruppetti di 3-5, non oppongono molta resistenza al distacco durante la brucatura. La produzione stagionale di olive è generalmente alta e piuttosto costante. Le drupe a maturazione hanno una colorazione scura ed un peso medio di 2-3 grammi. L’olio prodotto è di buona qualità, ma non presenta aromi spiccati se monovarietale, questa caratteristica può essere corretta con l’uso combinato con altre cultivar.
L’olivo nella storia
Le indagini archeologiche effettuate in Medio Oriente sembrano testimoniare un’origine molto remota della domesticazione e della coltivazione dell’olivo. Inizialmente le popolazioni di quelle zone raccoglievano sporadicamente i frutti di piante selvatiche presenti in quelle aree, ma ad un certo punto i resti di noccioli e di legno in diversi siti risalenti al periodo Calcolitico in Israele ed in Giordania si fanno così frequenti da indicare l’inizio di un processo di domesticazione della specie intorno ai 6800 – 5800 anni fa. Alcuni vasi di terracotta dimostrano comunque che l’olio di oliva veniva usato in quelle zone già 8000 anni fa. Grandi quantitativi di resti di semi frantumati sembrano successivamente indicare l’avvio di tecniche di molitura per l’estrazione dell’olio in Israele ed in Siria. In seguito altre testimonianze archeologiche collocabili tra i 3450 ed i 3350 anni fa indicano la presenza della coltura dell’olivo a Cipro e, di lì a poco, anche in siti di età minoica nell’isola di Creta. Nella Media e nella Tarda Età del Bronzo la coltura dell’olivo e la produzione dell’olio si affermarono lungo tutte le coste del Mediterraneo orientale, mentre nella Tarda Età del Bronzo si diffusero anche nella Grecia continentale. La prima testimonianza scritta della presenza dell’oleicoltura è stata trovata su tavolette di argilla siriane risalenti al 2400 a. C. Per quanto riguarda l’Italia, dove le forme selvatiche di olivo non dovevano essere presenti, se non in Sicilia e Sardegna, un’ipotesi credibile è che la coltura dell’olivo sia arrivata grazie ai Greci. Ad esempio i Focei fondarono nella metà del VI secolo a. C. in Campania la colonia di Elea, che nel nome richiama la denominazione greca dell’olivo ‘elaia’. Un’altra ipotesi vuole che nel Lazio la coltivazione dell’olivo si sia diffusa grazie al re etrusco di Roma Tarquinio Prisco, figlio del mercante greco Demarato di Corinto, che aveva introdotto a Tarquinia la cultura e la scrittura greche. Intorno al VI secolo a. C. anche in Italia iniziò la commercializzazione dell’olio dovuta ad un surplus della produzione. Furono poi i Romani durante l’Impero che diffusero ampiamente la coltivazione dell’olivo ed il commercio dell’olio, che veniva classificato in ben cinque categorie e trasportato in tutto il Mediterraneo in apposite anfore. Dopo le invasioni barbariche la diffusione dell’olivo ebbe un incremento durante il Medioevo, quando leggi molto rigide ne regolavano la coltivazione. Gli ordini religiosi dei Benedettini e dei Cistercensi ne promossero largamente la coltivazione. che sarebbe dovuta servire anche a migliorare la condizione di semi-schiavitù di molti agricoltori. L’uso principale dell’olio era tuttavia per l’illuminazione (olio lampante), ed era adoperato sia nelle chiese, sia nelle case private, veniva comunque utilizzato, oltre ai grassi di origine animale, anche per condire gli alimenti. In particolare i mercanti veneziani con i loro traffici favorirono la diffusione dell’olivicoltura lungo tutte le coste del Mare Adriatico e del Mar Ionio. Con la scoperta dell’America la coltura dell’olivo giunse anche in Messico, in Sudamerica e poi in California. Negli ultimi decenni la coltivazione dell’olivo ha iniziato a diffondersi anche in alcune zone della Cina.
L’olivo nella mitologia
Secondo la mitologia greca la dea Atena fece comparire il primo olivo vicino al pozzo dell’acropoli di Atene, come dono per gli ateniesi. Atena infatti aveva chiesto a Zeus di assegnarle una regione che le fosse consacrata, ma anche Poseidone era in attesa, già da tempo. che Zeus assegnasse lui una regione: tra i due nacque quindi una disputa per il dominio dell’Attica. Zeus, decise allora di proclamare una sfida tra Poseidone ed Atena: chi tra i due avesse fatto alla città il dono più utile, ne avrebbe avuto la supremazia e Cecrope, primo mitico re di Atene, fu posto come arbitro della contesa. Quando la sfida iniziò, Poseidone percosse la terra e ne fece uscire il cavallo, simbolo della forza bellica e del coraggio; Atena, dal canto, suo percosse il suolo roccioso e in conseguenza di ciò scaturì dal terreno un albero di olivo, simbolo della prosperità che nasce dalla pace. Cecrope, decise che fosse Atena la vincitrice e da quel giorno la capitale dell’Attica fu chiamata Atene in onore della dea. Secondo il poeta Pindaro, nell’Olimpica III, la pianta dell’olivo era stata portata in Grecia da Eracle, dal paese degli Iperborei, perché la pianta aveva una colorazione chiara come la carnagione degli Iperborei, popolo che viveva nel paese da cui arrivava Borea, il vento del nord. Per i Greci e per i Romani l’olivo era simbolo di pace, infatti quando venivano sconfitti in battaglia alzavano rami di olivo in segno di resa.
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Raccolta delle olive tramite bacchiatura nel mondo greco | Raccolta delle olive tramite brucatura nel mondo romano |
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L’olivo nella Bibbia
L’uso dell’olivo nella Bibbia risulta diffuso sia per la produzione di olio che per il consumo diretto di olive. Nell’attuale Palestina l’olivo è un bene prezioso, nel corso dei secoli i singoli esemplari venivano tramandati a più discendenti ed oggi a volte ogni ramo appartiene ad un diverso membro della stessa famiglia. Nella Bibbia l’olivo viene lodato sia per il suo verde perenne, sia per la sua bellezza e fecondità. Questa caratteristica deriva dal fatto che la pianta ha una grande capacità di produrre polloni alla base, che come figli sono in grado di moltiplicarla. Il legno di olivo, solido e nodoso, di colore giallo era ricercato dagli ebanisti e il re Salomone lo fece utilizzare per scolpire i due cherubini che con le loro ali coprivano l’Arca dell’Alleanza e le imposte della porta attraverso la quale si accedeva al Santo dei Santi nel Tempio di Gerusalemme. L’olivo per gli Ebrei è anche simbolo di pace ed un suo rametto venne portato Noè da una colomba nell’arca per annunciargli la fine del diluvio. Presso gli Ebrei l’olio di oliva era utilizzato come componente principale per preparare l’unguento aromatico con il quale erano unti e santificati i sacerdoti, i re e gli oggetti che spettavano al tabernacolo. L’olio di oliva serviva per far ardere le sette lucerne della Menorah d’oro che rimanevano accese durante tutta la notte, mentre solo tre di esse rimanevano accese durante il giorno. Un olio benedetto veniva usato dagli apostoli per guarire gli infermi, mentre un olio profumato il “sacro crisma” viene usato dalla Chiesa per il Battesimo, la Cresima, la cui unzione è il segno del dono dello Spirito Santo e l’Ordinazione Sacra.
L’olivo nell’arte
Gli oliveti più celebri nel mondo della pittura sono quelli rappresentati da Vincent Van Gogh Per l’artista gli oliveti rappresentano la vita, il divino e il ciclo della vita. I suoi dipinti di raccoglitori di olive dimostrano la relazione tra uomo e natura che sta a rappresentare il ciclo della vita.
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